4 Miti e leggende Siciliane: ecco le storie più affascinanti

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La Sicilia è una terra ricca di miti e leggende ma soprattutto di luoghi che hanno ispirato la nascita di affascinanti vicende mitologiche: ciclopi, divinità greche e ninfe sono i protagonisti principali di questi racconti tramandati da secoli.

I vasi in ceramica a forma di testa di moro sono così diffusi in Sicilia da essere divenuti uno dei simboli rappresentativi dell’isola. Vi siete mai chiesti come mai abbiano proprio questa forma?

Si narra che durante la dominazione araba nel 1100, a Palermo vivesse una bellissima fanciulla molto dedita alla cura delle piante del suo balcone. Un giorno sotto casa sua passò un moro (un arabo) e vedendola se ne innamorò perdutamente tanto da dichiararle il suo amore.

Lei rimase molto colpita e ricambiò subito il sentimento. Un giorno però la fanciulla venne a sapere che il moro sarebbe presto tornato in Oriente dove lo attendevano altre mogli e figli, e così sentendosi tradita, durante la notte gli tagliò la testa per la gelosia e la mise dentro un vaso di rigoglioso basilico.  Infine lo mise in bella mostra fuori sul balcone e tutti gli abitanti del quartiere, presi dall’ invidia, si fecero costruire dei vasi di terracotta a forma di testa di moro.

Quella di Colapesce è una delle leggende siciliane più popolari e misteriose. In ogni città in cui la storia di Colapesce è arrivata, il racconto ha preso diverse versioni.

Tra Scilla e Cariddi e figlio di un umile pescatore, viveva un giovane chiamato Cola (Nicola), che amava così tanto nuotare che trascorreva intere giornate in mare. Un giorno la madre si infuriò così tanto per il suo ritardo nel tornare a casa che senza volerlo gli mandò una maledizione: Cola! Che tu possa diventare un pesce! In quel momento, Cola si trasformò in mezzo uomo e mezzo pesce, tanto che non tornò più sulla terra ferma e divenne un punto di riferimento per i pescatori che navigavano lo Stretto di Messina.

La notizia dell’esistenza di Colapesce giunse al Re Federico, il quale incuriosito, volle conoscerlo.

Per sfidarlo, il re gettò in mare una preziosa coppa d’oro tempestata di brillanti. Cola si gettò in acqua per recuperarla e riemerse poco dopo raccontando al re di aver visto caverne, montagne e valli e che la città era costruita su uno scoglio che poggiava a sua volta su 3 colonne; una sana, una scheggiata ed una rotta. Preso da entusiasmo il re volle metterlo alla prova ancora una volta, e gettò in mare un sacchetto pieno di monete d’oro, promettendogli che se fosse riemerse, avrebbe potuto sposare la figlia.

Colapesce si gettò in mare, ma non riaffiorò più dalle acque.  Si dice che scendendo giù si accorse che una delle colonne stava per spezzarsi, così decise di rinunciare alla ricchezza e alla figlia del re e di sorreggere la colonna rotta.

Si dice che quando i dintorni di Messina tremano per via di terremoti, è perché è Colapesce che cambia mano per sorreggere la Sicilia.

Chiunque passando da Ortigia il centro storico di Siracusa avrà ammirato la bellezza della fontana Aretusa. Tra i miti e leggende Siciliane, quella di Alfeo e Aretusa è senza dubbio quella più romantica.

Aretusa era una ninfa conosciuta in tutta la Grecia per la sua bellezza e venne allevata fin dalla tenera età da Artemide, dea della caccia e delle fanciulle. Un giorno dopo una lunga corsa tra i boschi, Aretura decise di rinfrescarsi in un bellissimo corso d’acqua, si tolse le vesti e si concedette un bagno. Ad un tratto Aretusa sentì dei rumori e, spaventata, uscì dall’acqua  ed iniziò a correre velocemente. Una voce però le intimò di fermarsi: era Alfeo, la divinità del corso d’acqua, rimasto colpito dalla sua bellezza.

Alfeo iniziò ad inseguirla e lei, non avendo più le forze per correre, chiese aiuto ad Artemide. Questa avvolse in una nuvola Aretusa e soffiò forte in direzione della Sicilia per metterla a riparo. Arrivata ad Ortigia, la nuvola iniziò a far cadere Aretusa che si trasformò in un sorgente d’acqua dolce. Alfeo, innamorato di Aretusa e volendola raggiungere, chiede aiuto al padre Oceano il quale aprì le acque dello Ionio permettendogli di raggiungere la Sicilia. Aretusa, convinta da tanto amore e insistenza, cedette alle richieste di Alfeo. Artemide, per suggellare il loro amore, scavò una caverna sotto la fonte, così da far correre per l’eternità le acque di Aretusa e Alfeo.

E’ un posto incantevole ancora oggi, auspicio di fecondità e felicità per le giovani coppie che ne toccano le acque dove scorre l’amore tra Alfeo e Aretusa.

Sono numerosi i miti e leggende siciliane soprattutto legate al vulcano Etna, tra queste, si racconta che un tempo il gigante Encelado, volendo togliere il potere a Giove, decise insieme ai suoi fratelli di raggiungere la dimora degli dei mettendo una sopra l’altra tutte le montagne più alte del mondo. Giove, irato per l’arroganza di Encelado, scagliò sui giganti un fulmine che infiammò tutto il cielo accecandoli. Encelado, sepolto dalla montagna, non riuscendo a spostarla, cominciò a sputare fiamme dal petto che salirono fino alla vetta dell’Etna. La sua rabbia non si è ancora placata ed ogni tanto scatena ancora la sua forza emettendo colate di lava.


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