Cinque giorni per scoprire l’incredibile varietà degli ambienti racchiusi all’interno del Parco dell’Etna e che metterebbe la nostra montagna al livello dei grandi classici del trekking che consentono di percorre in sicurezza e autonomia Alpi e Appennini.
La proposta è stata formulata, dopo essere stata sperimentata, da Giuseppe Riggio, che l’ha pubblicata nel volume Etna il vulcano (pp. 22-35), edito da Affinità Elettive nel 2000. Nel testo se ne può leggere la descrizione completa e dettagliata, in modo che l’escursionista sia messo in grado di utilizzarla, con il minimo di attrezzatura che si richiede per imprese del genere (bussola e cartine topografiche in particolare) e tenendo conto che, soprattutto per la seconda e terza tappa, non c’è disponibilità di acqua sicuramente potabile.
Qui ne diamo una sommaria rappresentazione capace, speriamo, di suscitare l’interesse e le suggestioni che un tale percorso merita.
I tappa: Fornazzo – Piano Provenzana
Questa prima tappa attraversa il versante nord del vulcano, partendo dalla piazzetta di Fornazzo e risalendo, fra sterrate a fondo naturale e carrarecce asfaltate che attraversano gli ultimi lembi di terra coltivata e avendo come punto di riferimento la Mareneve, fino al casale di Pietracannone che deve il nome ad un caratteristico mini tunnel, probabilmente un condotto creato da un tronco d’albero prima inglobato dalla lava e successivamente disgregato.
Da qui, una mulattiera porta fino alle Case Paternò, dopo aver ammirato, in prossimità di una macchia di pioppi, ciò che resta di un’antica ‘niviera’ – un grande fossato creato dall’uomo per raccogliere e conservare per l’estate la neve. Si risale quindi fino ad una pista della Forestale che attraversa un bosco misto (faggi, betulle, pini, pioppi) e sbuca su una strada asfaltata che, in pochi minuti, conduce al Rifugio Citelli, dove è possibile pernottare. In alternativa, e se le gambe lo consentono, dal punto in cui si sbuca sulla carrozzabile, invece di risalire verso il Citelli, si scende fino a imboccare il sentiero natura di Monte Sartorius, che attraversa l’eccezionale bosco di betulla aetnensis, uno dei gioielli botanici dell’Etna, e, dopo aver incontrato il rifugio di Monte Baracca, conduce alle strutture ricettive di Piano Provenzana.
II tappa: Piano Provenzana – Rifugio di Monte Scavo
Con questa tappa si continua l’esplorazione del versante nord, piegando progressivamente fino al versante ovest.
Dal piazzale di Piano Provenzana si imbocca il sentiero che, attraversando le recenti lave del 2002 che hanno ricoperto questa zona, risale fino alle pendici di Monte Nero, sul cui fianco è possibile osservare gli hornitos e una caratteristica ‘bottoniera’, una serie di bocche esplosive allineate lungo una stessa fenditura apertasi durante l’eruzione del 1923.
Poco più avanti il sentiero svolta a destra, scendendo verso il rifugio di Timpa Rossa, da cui si diparte una traccia che, due chilometri più avanti si immette sulla Pista altomontana. In prossimità di questo incrocio non è difficile individuare il sentiero che conduce all’ingresso della Grotta dei Lamponi.
Restando sulla Pista si incrocia il rifugio di Monte s. Maria e, percorsi circa due km, si consiglia di svoltare a sinistra, su un troncone dismesso della Pista che attraversa le lave del 1981 e che porta direttamente alla faggeta di Monte Spagnolo, la cui casermetta è ormai inutilizzabile se non per un piccolo locale ristrutturato dalla Forestale che gli sorge accanto.
Saltando quindi il rifugio Saletti, si percorre un tratto alla cui destra si aprono splendidi panorami che guardano verso l’alta valle del Saracena, del Flascio e dell’Alcantara; proseguendo sulla Pista, si perviene, con una breve deviazione, al rifugio di Monte La Nave e quindi a quello di Monte Scavo, dove si può pernottare.
III tappa: Rifugio di Monte Scavo – Rifugio Sapienza
Il terzo tratto continua a svilupparsi lungo il tracciato della Pista altomontana che da ovest si sposta verso sud, per arrivare al piazzale dove si trova il Rifugio Sapienza e la Stazione della funivia.
Mentre verso monte si staglia massiccio il versante ovest del vulcano, attraversato da grandi canaloni, verso valle si può giocare a individuare i paesi che sorgono sul costone che sovrasta il corso del Simeto, fino a sboccare nella Piana di Catania.
Questa tappa è abbastanza agevole: dopo la partenza si incontra, a destra, la grotta di Monte Nunziata e si prosegue fra distese di lava e frammenti di bosco; si incrocia quindi il rifugio di Monte Palestra (detto anche di Poggio la Caccia) e poi quello della Galvarina; si prosegue, all’ombra della Pineta, verso Monte Denza, dove il percorso proprio in prossimità dell’omonimo rifugio (non fruibile) si snoda su asfalto; un’ulteriore deviazione per raggiungere il rifugio è segnalata dall’altarino dedicato a s. Gualberto. Procedendo oltre si passa davanti l’ingresso del Giardino botanico di Nuova Gussonea, (dell’Università di Catania) alle cui spalle è stato ricostruito il tipico ambiente in cui vivevano i pastori etnei.
Andando ancora più avanti si arriva al cancello di ingresso del demanio di Filiciusa Milia, da dove si diparte una strada asfaltata che, passando da Piano Vetore, dopo circa un’ora porta al piazzale del Rifugio Sapienza.
IV tappa: Etna sud
E’ il momento di salire in cima al vulcano.
Alle spalle della Stazione della funivia si snoda una pista utilizzata dai pulmini che portano i turisti; per questo motivo essa supera la pendenza con dei tornanti molto ampi che naturalmente ne allungano il corso. Alcuni possono essere tagliati ma non sempre conviene, perché si accresce la pendenza. In alternativa, si può effettuare più comodamente in funivia questa prima parte, peraltro non particolarmente interessante dal punto di vista dell’osservazione.
Si arriva così sul fianco ovest della Montagnola, per riprendere la pista in direzione di quella che era la Torre del Filosofo, avendo prima a destra e poi a sinistra i crateri che si sono formati tra il 2001 e il 2003.
Si torna quindi a piegare verso sinistra, in direzione del Cratere di Sud-est e della Torre del Filosofo dal cui pianoro, fino a poco tempo fa, si poteva ammirare all’alba l’ineguagliabile spettacolo del sorgere del sole dal mare, ma oggi ci si può avvicinare fino a un certo punto perché la fase eruttiva attualmente in corso ha rivolto una delle sue colate proprio in questa direzione.
La visita ai crateri sommitali, un tempo meta d’obbligo per ogni escursionista, è resa oggi particolarmente problematica soprattutto a causa degli umori del vulcano. Permane inoltre il divieto della prefettura del superamento di quota 2900, istituito dopo la rovinosa esplosione del 1979.
Al ritorno sulla stessa strada, se il tempo lo consente, conviene comunque spostarsi verso il bordo sinistro del Piano del Lago, per ammirare dal Belvedere lo strapiombo e la Valle del Bove in tutta la sua estensione e lo sprofondamento della Cisternazza. Prima delle recenti eruzioni sopra citate era possibile ammirare, all’inizio della primavera, il laghetto che si formava alla base nord della Montagnola.
Non esistendo in quota alcuna possibilità di ricovero (a meno che non si abbia una tenda e il tempo consenta di utilizzarla per la notte), è d’obbligo ritornare verso le strutture turistiche di Etna sud, dove si pernotterà, si può scegliere fra la pista dei pulmini o la funivia, ricordandosi che resta in funzione fino al tramonto.
V tappa: Etna sud – Zafferana
Dato che l’ultima tappa prevede la discesa dentro la Valle del Bove, due le possibilità per la parte iniziale dell’ultima tappa.
Si può risalire in funivia fino alla Montagnola, aggirarla da est e scendere in valle saltellando sulla sabbia dell’omonimo Canalone, ammirando le stratificazioni multicolori dei costoni e i misteriosi muraglioni lavici dei ‘dicchi’.
Arrivati in fondo, occorre costeggiare, scendendo verso est, le lave della colata del 1991-93, fino allo sbocco del canalone della Serra del Salifizio.
In alternativa si può imboccare dal piazzale di Etna sud la provinciale che scende verso Zafferana e, dopo circa 1 Km e mezzo, salire a sinistra, dal sentiero che conduce verso la Schiena dell’Asino, altro punto di osservazione molto panoramico, sia verso monte che verso valle. Da qui, in prossimità della ‘lapide Malerba’, si diparte una traccia che, scendendo lungo il canalone di Serra Perciata, porta in fondo alla valle; piegando a destra, anche in questo caso si arriva allo sbocco del canalone della Serra del Salifizio.
Da qui si risale verso la cresta meridionale della valle attraverso il canalone dei faggi e, continuando a camminare lungo i saliscendi del crinale, si giunge in cima al Monte Zoccolaro, da cui si scende in direzione di uno spiazzale il cui belvedere è protetto da una ringhiera.
Da sotto il muro di contenimento si diparte un sentiero che, nel punto in cui incontra un grande caseggiato col tetto rosso, percorsi poche decine di metri sull’asfalto, imbocca a scendere la cosiddetta ‘scalazza’, un’antica mulattiera a tratti basolata usata anticamente dai carbonai e dai contadini per andare da Zafferana ai terreni coltivati.
Poche centinaia di metri dopo la sua conclusione si imbocca, nei pressi della zona in cui si arrestò la colata del 1991-93, in località Piano dell’acqua, la strada che, in tre chilometri, giunge alla periferia di Zafferana, tappa finale di questa faticoso ma irripetibile giro dell’Etna.
Naturalmente l’Ente Parco dell’Etna, a riprova della sua comprovata incapacità di giustificare il motivo stesso per cui esiste, si è guardato bene dal recepire questa proposta, quanto meno attrezzando il percorso proposto con un minimo di tracciatura e segnaletica, per non parlare della soluzione dei problemi di pernottamento e di rifornimento d’acqua, per cui tutto è lasciato alla buono volontà e allo spirito organizzativo dei temerari che si voglia avventurare.
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